Lo sviluppo della realtà virtuale per le imprese della moda

Lo sviluppo della realtà virtuale per le imprese della moda

Ricerca e innovazione, capacità di immaginare il futuro e di vederlo già attraverso uno sguardo “aumentato” con gli strumenti più moderni. Sono temi su cui il polo universitario riminese può vantare esperienze di riferimento come il VARLAB, Laboratorio di Realtà Virtuale e Aumentata.

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 Il Professor Marfia

Il laboratorio ha due sedi, una appunto a Rimini, presso il Palazzo Ruffi-Briolini, sede del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, e una presso la sede universitaria Ranzani a Bologna, all’interno del Dipartimento di Informatica. A dirigere il laboratorio è il professor Gustavo Marfia, docente impegnato in un’attività a tutto tondo nel campo di ricerca e innovazione: “Ricopro anche l’incarico di direttore del Master in Innovation in eXtended Reality (MIXR), uno dei primi esempi all’interno della realtà nazionale di Master dedito alla formazione nel settore della realtà virtuale e aumentata, realizzato in collaborazione con una multinazionale americana. All’interno del Polo Riminese collaboro con i colleghi del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, mio dipartimento di afferenza; sono coinvolto in ricerche relative ad ambiti anche molto diversi tra loro, dalla moda alla farmacologia, accomunati però dalla necessità di applicare le tecnologie informatiche per il loro sviluppo”.
L’attività del VARLAB mette insieme diverse competenze. Come è nata l’idea di riunirle in un unico ambito?
“L’esperienza del VARLAB – spiega il professor Marfia – nasce dalla convergenza di intenti di due delle comunità scientifiche dell’Alma Mater Studiorum a cui mi onoro di appartenere, quella di Moda, e in particolare di Culture Fashion Communication, e quella di Informatica. Con il supporto di queste comunità, infatti, ho presentato alcuni anni fa una domanda di finanziamento all’Ateneo per la realizzazione di un laboratorio che fosse distribuito e presente all’interno di entrambe le realtà. L’iniziativa è stata premiata e nel 2019 nasce il VARLAB, laboratorio all’interno del quale si svolgono sia attività di ricerca e che di didattica”.
Un’attività trasversale a diversi ambiti e settori. Può farci qualche esempio?
“Per quanto riguarda la ricerca, siamo presenti all’interno del programma di finanziamento regionale con le iniziative C.R.I.C.C. – Centro di ricerca per l’Interazione con le Industrie Culturali e Creative e con COMPRENDO – COMponenti tecnologiche PeR l’inclusionE Nella Didattica e nella fOrmazione, che vogliono sperimentare l’utilizzo della realtà aumentata all’interno dei contesti della moda e della didattica e formazione, rispettivamente. Svolgiamo, inoltre, ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale, insieme ai colleghi del Dipartimento e anche grazie al sostegno di partner aziendali.
Recentemente, ad esempio, è stata completata una analisi basata su tecniche di intelligenza artificiale del fondo fotografico IMAGO, una raccolta iniziata dai colleghi di storia sociale nel 2004 che oggi comprende oltre 80mila foto provenienti da album di famiglia del territorio. Insieme con i colleghi di farmacologia, invece, stiamo verificando la possibilità di utilizzare tecniche di intelligenza artificiale per la previsione dell’efficacia di molecole in relazione a determinate patologie. Con moda e informatica, invece, stiamo costruendo prototipi che mettono insieme realtà virtuale, aumentata e assistenti vocali per utilizzarli negli archivi della moda e nell’ecommerce”.
Come si può sintetizzare il concetto di realtà aumentata? E che utilità può avere in settori come la moda?
“La realtà aumentata, letteralmente, significa andare a potenziare o incrementare una scena reale che viviamo con un contenuto aggiuntivo. In un settore come la moda questo permette, per esempio, al consumatore di provare un prodotto senza indossarlo oppure, al manager, di visionare una sfilata od un prodotto in determinato contesto, quando questi in realtà non ci sono”.
Con che tipo di strumentazioni affrontate queste sfide?
“Il nostro laboratorio è dotato di tecnologie allo stato dell’arte per la realtà virtuale ed aumentata. Tra questi, in particolare, sono stati acquisiti anche visori con tracciamento dello sguardo, per l’analisi dell’attenzione dell’utente all’interno della scena virtuale, e visori ad altissima risoluzione. Sono presenti anche server ad alte prestazioni per l’analisi di big data e strumenti di acquisizione tridimensionale, quali gli scanner 3d, che permettono di scansionare un oggetto e crearne una rappresentazione 3d con una tolleranza dell’ordine del decimo di millimetro. Abbiamo acquisito anche interfacce tattili con retroazione, in grado, cioè di fornire a chi sperimenta uno scenario di realtà virtuale anche la sensazione di toccare un oggetto che in realtà non c’è. Altrettanto interessante è la telecamera a 360 gradi che riesce a catturare la scena con una risoluzione di 8k, così come la parete virtuale, tecnologia particolarmente utilizzata nell’industria manifatturiera, che può supportare in modo semplice la collaborazione di più utenti di fronte ad una scena virtuale”.
 
Come per tutte le attività di ricerca che si svolgono nell’ambito del polo riminese, la mission è quella di mettersi a servizio delle imprese del territorio. Nel settore della moda in questi anni si sono già create sinergie importanti che coinvolgono aziende di primo piano.
 
“Da alcuni anni partecipo al Tavolo della Moda, iniziativa costituita da UniRimini con l’obiettivo di creare e rafforzare una collaborazione sinergica tra Università e Aziende Moda del territorio per condividere esperienze e  concorrere alla crescita di profili professionali. Il tavolo  è composto da  UniRimini spa, docenti del Corso di Laurea in Culture e Pratiche della Moda e del Corso di Laurea Magistrale in Fashion Studies, Aziende Aeffe, Fuzzi, Gilmar, Teddy, Moretti Moda, Interfashion e Associazioni imprenditoriali e di categoria: Confindustria, CNA, Confartigianato. Le riunioni del Tavolo sono sempre una occasione proficua di confronto e di acquisizione di consapevolezza rispetto a quelle che sono le necessità del territorio dove operiamo come Ateneo. Da una di queste occasioni è nata la collaborazione con Aeffe sui temi di realtà aumentata e di intelligenza artificiale, rafforzata in particolare con il finanziamento di una borsa nel nuovo ciclo di dottorato del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita.
 
Ogni settore, in questo periodo, rapporta la propria situazione agli effetti della pandemia. Che possono essere fattore di incertezza ma anche di stimolo per proseguire con più decisione nei percorsi già intrapresi. La ricerca applicata alla moda su questo si è già interrogata: il professor Marfia cita il tema posto alla comunità scientifica dal prossimo numero di ZoneModaJournal, principale rivista di studi di Moda italiana, nata a Rimini: “Il distanziamento sociale cambierà il rapporto fra moda e tecnologia?”.
 
“Nessuno dei contributi ricevuti in risposta a questa sollecitazione prevede un particolare cambiamento, ma piuttosto una accelerazione e rafforzamento nell’uso delle tecnologie digitali. In quanto studioso di informatica posso poi aggiungere che il rapporto tra ricercatori e aziende è prezioso per entrambe le parti, perché il valore risiede nei problemi stessi e nella loro comprensione, oltre che nella ricerca della risoluzione”.
 
Per chi si occupa di ricerca e innovazione, insomma, non è tempo di restare alla finestra. Anzi.
 
“E’ una attività fondamentale in tempi normali, figurarsi ora. Proviamo solo ad immaginare come sarebbe stata ancora più difficile la gestione della pandemia senza l’esistenza delle tecnologie informatiche e, quindi, dei prodotti della ricerca in questo campo”.

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Credits TITANKA! Spa